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Anemia mediterranea: caratteristiche e cosa comporta se si è portatore sano

Anemia mediterranea: caratteristiche e cosa comporta se si è portatore sano

  • 29 nov 2021

L’anemia mediterranea, come suggerisce il nome, è una patologia diffusa in tutte quelle regioni che si affacciano su questo mare. Nel nostro paese, per ovvie ragioni geografiche, ci sono circa 7.000 talassemici, concentrati per lo più nel centro-sud Italia (Sicilia e Sardegna soprattutto).

Ma per quanto sia una malattia ormai ampiamente conosciuta, non è altrettanto chiaro in cosa consista, quali siano le sue forme di manifestazione e cosa comporti essere talassemico nella vita di tutti i giorni. In questo articolo, il team di Farmacia Armani a Verona, cerca di fare chiarezza su tutti questi aspetti.

Cosa succede se si ha l’anemia mediterranea?

I soggetti affetti da anemia mediterranea, cosiddetti talassemici, presentano un’anomalia nel sangue, molto spesso individuata dalle analisi complete del sangue, che comporta una sintesi ridotta o assente delle catene dell’emoglobina, una proteina che assolve gli importanti compiti di trasportare l’ossigeno attraverso tutto l’organismo ed espellere l’anidride carbonica.

Ma cosa succede se si è talassemici? Gli individui affetti da questa malattia hanno i globuli rossi di dimensioni più piccole rispetto alla norma, condizione denominata “microcitemia”. Fin dai primi mesi di vita, i soggetti talassemici manifestano pallore, ittero, modificazioni dello scheletro, accumulo di ferro nell’organismo, problemi di sviluppo. In alcuni casi più gravi potrebbe presentarsi anche una forma di scompenso cardiaco dovuta alla dilatazione del cuore. In quest’ultimo caso si parla di morbo di Cooley, condizione che comporta la necessità di frequenti trasfusioni di sangue.

Come capire se si è portatore sano di anemia mediterranea?

L’anemia mediterranea si manifesta in diverse forme che possono essere più o meno gravi. Alcuni talassemici possono presentare importanti complicazioni, altri essere completamente asintomatici.
La forma asintomatica è conosciuta anche con il nome di “talassemia minor” e non comporta generalmente problemi di alcun tipo.

Vi è poi una forma intermedia che può dar luogo ad alcuni sintomi lievi o più gravi, ma la forma più grave è indubbiamente quella conosciuta come talassemia major o “morbo di Cooley”.
Uno degli aspetti più caratteristici della talassemia, e che spesso interessa e preoccupa maggiormente i talassemici, è quello della sua trasmissibilità ai figli.

Un talassemico può essere un portatore sano di anemia mediterranea, e in questo caso la patologia potrebbe essere trasmesso al futuro nascituro. Ma come si fa a capire quando si è portatori sani? Quando c’è il rischio di trasmettere ai figli la malattia?

Essere portatore sano significa che uno dei due geni responsabili della produzione dell’emoglobina è “difettoso”, mentre l’altro funziona bene e per questo si parla di portatore sano. Per capire se si è portatori sani di talassemia è necessario seguire degli esami ematologici di primo livello come l’emocromo, la sideremia, la ferritinemia, il dosaggio Hb A2 e Hb F.

Pe quanto riguarda la trasmissibilità ai figli, le condizioni di rischio si verificano unicamente quando entrambi i partner sono portatori sani:

  • Con una probabilità del 25% si può dare alla luce un figlio con talassemia major (morbo di Cooley).
  • Con una probabilità del 50% il figlio sarà un portatore sano.
  • Con il restante 25% di probabilità il figlio non erediterà alcun difetto genetico.

Cosa mangiare quando si ha l’anemia mediterranea?

Essere talassemici incide inevitabilmente anche sullo stile di vita della persona affetta da questa malattia, e bisogna prestare una maggiore attenzione alla dieta quotidiana. Nella forma più grave che richiede il ricorso frequente a delle trasfusioni di sangue, gran parte del ferro viene assorbito dall’organismo, e soltanto una minima parte viene assorbita dai cibi.

È quindi fondamentale adottare una dieta che consenta di bilanciare in maniera adeguata l’apporto di ferro per l’organismo. Questo elemento è presente in grandi quantità nelle carni rosse, quali manzo, maiale o agnello, ma anche nel pesce, come sardine e frutti di mare. Il loro consumo deve essere, quindi, moderato ma non del tutto escluso.

Il ferro è anche presente nell’uovo, cereali, vegetali, patate, fagioli, lenticchie, frutta, cioccolato. L’assorbimento del ferro nell’organismo derivante da questi alimenti è molto più basso rispetto alle carni, ma varia a seconda della composizione dei pasti.

Gli alimenti ricchi di calcio, quali latticini, formaggi e yogurt, tendono a ridurre l’apporto di ferro e possono essere assunti per abbassarne la concentrazione nell’organismo. In maniera diametralmente opposta, i cibi ricchi di vitamina C, come frutta, succhi di frutta e vegetali, invece, aumentano l’assorbimento di ferro e hanno un importante azione antiossidante sull’organismo.

È evidente come sia importante conoscere la composizione e la combinazione degli alimenti nei pasti per riuscire a bilanciare l’apporto di ferro nell’organismo. In genere è consigliabile assumere alimenti che riducono l’apporto di ferro, ma non è una buona pratica escludere completamente dall’alimentazione i cibi che invece ne aumentano la concentrazione.

 

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